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G09 La gioia del perdono

Il Salmo 50 credo di averlo recitato migliaia di volte, a principiare dagli undici anni, quando non capivo ciò che dicevo, perché mi comandarono di recitarlo in latino. Però, in seguito, o in latino o in italiano, mi accadde di capirlo un po’.

“Redde mihi laetitiam salutaris tui”: era la versione latina, la cui traduzione dal latino del Vaticano fu ed è: “Rendimi la gioia di essere salvato”, che significa: “Restituiscimi la gioia del tuo salvarmi”. Una gioia che sgorga dalla bontà di Dio verso il peccatore pentito e perdonato.

La gioia, prodotta da Dio, in chi si ritrova e si sente di essere perdonato. Gioia del perdono. La festa del figlio errante e scialacquone, che si trova nelle braccia del Padre. Per noi cattolici, graziati dal sacramento della riconciliazione, la gioia dell’assoluzione.

Sì, il sacramento della cosiddetta confessione è la gioia. Essere rimessi in linea con l’amore di Dio, grazie allo Spirito Santo penetrato nella comunità dei credenti dopo la risurrezione di Gesù, è soltanto motivo e stimolo alla gioia.

Il pentimento richiesto per la confessione, non è indicato per rivestire le gramaglie medievali. Esso è in vista di un tuffo nella gioia. Non è per lasciare la gente prostrata in ginocchio dentro la garitta del confessionale, ma per udire Gesù che dice: ”Io non ti condanno, ma va in pace e non peccare più”. Uscire dal confessionale, saltellando di felicità.

La “confessione” non è un peso, ma una festa, dove due persone si incontrano (almeno nella pratica più consueta oggi), per cantare assieme la misericordia di Dio, che unisce i due per “fabbricare” anche in questa terra, la felicità del cielo.

02.05.14