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G06 Gioia nella sofferenza

Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo. Così Gesù rassicura i suoi, secondo la narrazione di S. Giovanni (Gv 16, 33).

Gesù, quindi, non ci permette di essere depressi o scoraggiati. Gesù rassicura, dopo aver preannunziato ai suoi, che avrebbe sofferto molto, da parte del mondo.

In questo passo, Gesù non solo afferma che il bisogno è fonte della gioia di domandare, ma scava più sotto fino all’assurdo che la sofferenza è radice di gioia.

Francesco d’Assisi l’aveva intuito: “Tanto è il bene che aspetto, che ogni pena mi è diletto!”. Alla nostra sensibilità tutto ciò si presenta come una beffa.

Eppure tra la sofferenza del mondo, e la gioia del nostro “farci coraggio”, si inserisce il vero fattore della nostra gioia: è semplice: “Io ho vinto il mondo!”. La vittoria di Gesù è causa di gioia.

Nella sofferenza può trovare posto una gioia autentica, che non sia un piacere masochistico?

Gesù avverte: “Voi soffrirete, e gli avversari [il mondo] godranno, ma la vostra tristezza si trasformerà in gioia!”. Perciò la gioia, durante la sofferenza, è la gioia della speranza cristiana, ossia della certezza del lieto fine.

Il discorso sulla gioia, in questo tratto del Vangelo, si volge sulla gioia della sofferenza, patita direttamente a causa di Gesù. E per le altre sofferenze causate dalle persone? Non c’è sofferenza umana, che non sia riferibile a Gesù, uomo tra gli uomini, inizio del Corpo di Cristo nella storia. Perfino chi soffre e non conosce Gesù, e si trova nella sofferenza (qualsiasi sofferenza, morale e fisica) rientra nella categoria degli affamati, assetati, nudi e prigionieri, ai quali Gesù si è assimilato.

30.04.14