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G07 Gioia  vederlo

Si rallegrarono i discepoli, vedendo il Signore (Gv 20, 20).

Ecco la perenne radice della gioia: vedere il Signore. Vedere  Gesù: si avvera almeno in tre maniere. Quella sperimentata dai conterranei e contemporanei di Gesù. Quella insospettata e particolare di Gesù dopo la morte (Paolo dice che lo videro centinaia di persone). Quella sicura, sebbene non corporea di vedere Gesù, grazie alla fede, quando Pietro afferma che si ama un Gesù, sebbene non percepito con gli occhi.

Il Gesù visto in quest’ultima maniera, è fonte di gioia. Egli si presenta a noi chiaramente attraverso il Vangelo. Il Vangelo ci fa toccare non un Gesù fittizio, frutto di fantasia, ma un Gesù effettivo. E quando la nostra fantasia parla alla nostra fede, questa s’accende e genera la dolcezza, che si apre al sorriso.

Comunque, per rallegrarci, è necessario vedere Gesù.

A questo punto si spalanca la visione di Gesù attraverso la contemplazione. Contemplare lui, non le nostre immaginazioni. Lui per quello che è possibile ammirarlo attraverso il testo del Vangelo. Quando si legge il Vangelo, e una frase entra nel nostro orecchio o la si legge con i nostri occhi, poi sostando alquanto affinché la frase letta si stampi nella nostra memoria, è allora che Gesù appare, e noi lo vediamo, e dopo averlo visto, scorre dentro di noi un sentimento indefinito di sicura dolcezza, che si tramuta in gioia.

Il Gesù della contemplazione non ci appare nella fretta: egli ha bisogno della nostra distensione, anche di quella distensione che ci libera dal desiderio pretensioso di vederlo. Nella contemplazione, incontriamo un Gesù che penetra in noi, e ci troviamo a contatto con lui, quasi non accorgendoci. Ed è gioia.

30.04.14