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Funzionari e pastori

Ricordo d’aver letto il libro di E. Drewermann, dove egli criticava il prete considerato alla stregua di un funzionario. Quel libro gli costò non poche noie da parte di qualche vescovo tedesco. E ieri il papa raccomandava ai nuovi sacerdoti da lui ordinati, di essere pastori e non funzionari.

Sembra che sia passato un secolo, da allora ad oggi. Ma adesso l’idea del Drewermann può circolare senza insospettire nessuno. E’ arrivata la libertà?

Sì, la libertà largita dallo Spirito, che non s’impressiona per le ipotesi dei credenti, non misura i suoi doni sulle strettoie di nessuna teologia, ma lascia che le intuizioni scorrano nel mondo e producano luce e gioia.

Il sentirsi funzionari (anche durante una liturgia, aggravata di troppe rubriche) può aiutare chi si sente debole e trova un provvidenziale appoggio alla propria debolezza. Ma non deve e non può essere una catena che imprigiona persone sciolte come Drevermann, e molti altri come lui.

Il funzionario svolge onestamente un compito che gli è stato affidato. E così compie il suo dovere. Il pastore desume le indicazioni al proprio agire, guardando attentamente le pecore, e altrettanto attentamente sentendo il proprio cuore.

Il funzionario esegue. Il pastore crea. Creare è la partecipazione intima a Dio creatore. L’importante è avere il cuore pieno di Dio e del Vangelo, per creare davvero “secondo Dio”, “nel nome di Dio”. Si esegue secondo le norme, si crea secondo lo Spirito. Si esegue soddisfatti per un risultato misurato; si crea soddisfatti se ci si sente in armonia con il Padre.

GCM 22.04.13