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Amare la Chiesa

Già dal mio noviziato, mi è stato indicato il dovere di amare la Chiesa. Il concetto, in sottofondo, di Chiesa, erano il Papa e i Vescovi. Come “amare” Pio XII, che stava tanto distante, e, per indole, piuttosto riserbato e schivo? Come amare vescovi o signori cardinali principi, che io non avevo mai visto?

Col tempo e con la grazia di Dio e della Scrittura, le mie idee sulla Chiesa si modificarono. Scrittura, ho scritto. Quando però ricordo che la prima copia della Scrittura intera, e in latino, potei avere tra mano soltanto a vent’un anno, si può comprendere quanto lentamente si poté formare in me il primo barlume del concetto di Chiesa.

Allora mi sembrò ovvio che amare la Chiesa consisteva nell’amare tutti coloro che sono la chiesa dei credenti in Gesù. E mi divenne facile amare Gesù in chi mi sta accanto e con me crede in Gesù.

Amare la Chiesa si concretava nell’amare i miei familiari, i confratelli, le persone che incontravo nel mio lavoro, nella mia professione. È un amore spesso disagevole, perché la difficoltà del lasciarsi amare è pari a quella di amare.

Eppure Gesù, pur conoscendo la difficoltà umana di amare (anche lui conobbe un certo Giuda Iscariota!), ebbe il coraggio di dire: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, cioè dall’amarvi tra voi!”. Conoscendo i nostri limiti, ci dona una nuova energia di amore: lo Spirito Santo.

Alla fine mi sembra ovvio ricordarmi: io sono Chiesa, quindi l’amore alla Chiesa, si inizia con l’amore a me stesso. Non spaventarmi, aver la pace, rispettare le mie forze e le mie debolezze ed essere convinto dello Spirito di Dio in me.

20.05.14