HOME

Home > Chiesa SACRAMENTI > Articoli 2013 > Famiglia e peccato

Famiglia e peccato

La confessione sacramentale è un’azione aperta. Non si confina e non si esaurisce all’interno di quella specie di garitta che è il confessionale, imposto dopo il Concilio di Trento. Prima, anche visibilmente era un’azione visibile, che si compiva davanti a tutta la comunità, quando addirittura tutta la comunità non si confessava globalmente. Di questo tipo di confessione comunitaria oggi resta un ricordo nei riti all’inizio della Messa.

Per azione aperta si può anche intendere un’azione che, di sua natura, si allarga a tutta la comunità dei credenti. Il cosiddetto confessore non agisce con autorità propria, bensì con autorità delegata non solo dal singolo vesovo, ma dalla Chiesa, ossia dalla comunità dei credenti.

Sotto un certo aspetto, la confessione di una persona è un valore di tutti. Perciò il penitente non guarisce, nel pentirsi, soltanto una sua piaga personale, ma una piaga, che attraveso lui, membro di Gesù, ha colpito il Corpo di Gesù.

Orbene, il peccato – fondalmentalmente – non è solo il “suo” peccato, ma anche il “nostro” peccato. La dottrina del peccato originale può diventare una figura del peccato nella Chiesa. Quando la Chiesa prega per i peccatori, prega per sé, in quanto peccatrice (in tutti i suoi componenti e non meramente nei preti) e peccatrice riconciliata.

Possiamo anche non essere responsabili del peccato, nostro o degli altri, ma non siamo esenti, in quanto famiglia di Dio, dal coinvolgimento nel peccato di un solo membro della famiglia cristiana. Proprio come accade in una famiglia, quando in essa un solo membro delinque. Tutti quindi nel perdono e nella grazia di Cristo, perché tutti perdonati nella gioia di chi è perdonato. Il primo a goderne è appunto il “confessore”.

19.10.13