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Figli che riposano

Dai nostri modesti studi, sappiamo che il sistema  sessagenario era in uso presso tutti i popoli, che attorniavano il minuscolo popolo di Israele, sempre in procinto di essere  soffocato e annientato. Israele adotta tale sistema, per cui il numero sei è alla base di ogni calcolo, sia raddoppiandosi in dodici, sia moltiplicandosi.

Eppure Israele, fin nella prima tradizione del racconto degli inizi ,indica una peculiarità: l’aggiunta di un numero, quando ricorda la persona o l’opera di Dio.
Sei giorni per la creazione, più uno che Dio riserva a sé. Sei giorni di lavoro, più il giorno riservato a Dio e alla pausa per “l’ascolto della parola”.

La domenica, di per sé, non è il settimo giorno, ma il distacco in Dio tra i sei giorni lavorativi.

Il giorno di Dio, che per gli Ebrei era il sabato, per i cristiani è la domenica della Risurrezione.

Rimane il ritmo sessagenario (anche l’anno è di sei più sei mesi), ma esso è retto dal riposo in Dio.

Gli Ebrei avevano talmente caro questo ritmo di sei più uno, che perfino ogni sei anni seguiva il cosiddetto anno sabbatico.

Il sette è il luogo e il tempo di Dio. Per essere più disponibili a Dio, era necessario ed è necessario il giorno del riposo. Non è il riposo che caratterizza il settimo giorno, ma è l’apertura a Dio, che richiede il riposo dalle “opere servili”. Si perché il lavoro ci ricorda il nostro essere schiavi, mentre il riposo serve per ricordarci di essere figli.

La domenica è la festa dei figli. Perciò chi non gode di essere figlio, occupa la domenica in ulteriori opere servili, in nuova fatica… anche urlando allo stadio!

14 luglio 2013