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Confessione per la gioia

La “confessione” è un passo fuori dal peccato, accompagnato dal pentimento; però essa è caraterizzata per la “volontà di risorgere”, ossia di immedesimersi nella Risurrezione, per vivere la Risurrezione.

Se la “penitenza” comporta in sé un “secondo battesimo”, essa quindi riveste la dinamica del vivere il Battesimo.

S. Paolo scrive: “Quanti fummo battezzati in Cristo Gesù, lo fummo nella sua morte. Fummo dunque sepolti con lui grazie al battesimo nella morte, affinché, come Cristo è risorto dai morti tramite la gloria del Padre, anche noi possiamo camminare in una vita nuova”(RM 6,4). “Sepolti con lui nel battesimo, in lui foste anche risuscitati in virtù della fede nella potenza di Dio, che lo ha ridestato da morte” (Col 2,12).

La grazia della penitenza sacramentale ci riporta nella santità della risurrezione. Perciò la “confessione” non è in vista della tristezza autopunitiva (la “penitenza imposta”), ma in vista del ritorno nella gioia della risurrezione.

Risorti quindi felici in Gesù. Dalla ricezione del sacramento, donato da Gesù alla Chiesa, e dalla Chiesa al “penitente”, noi siamo riposti nella beatitudine del Signore, nella luce alla quale siamo adattati (“Voi site la luce del mondo!”).

Perciò la preparazione al ricevere il sacramento luminoso della riconciliazione può soffermarsi sulla deviazione del peccato. Soprattutto però deve porre in evidenza la beatitudine della grazia. Perciò l’”esame di coscienza”, di indole tipica della psicologia, deve lasciare ampio spazio alla presentazione delle beatitudini, che sono la base dell’etica cristica e cristiana.

La prospettiva delle beatitudini (la gioia del ritorno al Padre, dove si “mangia nella festa”), è la gioia rinnovata, ridonata.

13.10.13