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Le due messe

Certe messe mi fanno tornare alla memoria le recite dei bambini dell’asilo infantile. Mi commuove ancora l’ansia dei  bambini: quando dovevano recitare la poesiola o la filastrocca partivano difilato come un razzo, recitavano in fretta, tutto d’un fiato, la poesiola, e, finitala, tiravano un bel respiro. Se gli chiedevi che cosa avessero detto, non sapevano rispondere.

Così fanno non pochi preti, e quasi tutti i partecipanti: emettere un fiume di parole, in fretta per non dimenticarle, e poi uscire finalmente di chiesa, perché anche questa volta ce l’hanno fatta. Addirittura, il massimo dell’assurdo è espresso da chi afferma che se non corre, non riesce a concentrarsi. L’ho udito anche oggi.

Le chiese sono abituate ad ascoltare queste speedy messe, nelle quali il prete si affretta a terminare, e le messe sono un susseguirsi di borbottii, come lo sciacquio di una spiaggia. Un diffuso mormorio indistinto, che sfida Dio a capirci qualche cosa. E’ vero che Dio guarda il cuore e non le parole, ma mi domando come si riesca a scoprire il cuore, sfoltendo dentro il fogliame indistinto delle parole. Per fortuna a Dio tutto riesce possibile!

Però la messa è un fatto comunitario, nel quale, se si deve esprimere un testo, esso deve essere cadenzato e ritmato. Sotto questo riguardo, riescono a puntino i cortei, quando tutti i presenti urlano all’unisono gli stessi slogan.

Il prete non è un grammofono, ma una persona viva, che sa quello che dice, e lo dice consapevole che gli astanti devono intendere ciò che lui stesso ha inteso.
Si ammira molto un attore che recita con sentimento un testo non suo. E perché il prete non può recitare con sentimento, il testo delle preghiere? Potessimo veder scomparire le speedy messe...

GCM 22.07.12