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Accusa o abbraccio?

Un grande pasticcio, anche nell’accusarsi durante il sacramento della riconciliazione. Sembra che l’accusa si riduca a una ricognizione del dispetto, che nutriamo verso noi stessi, per non essere stati in linea con l’ideale di noi.

L’accusa è di altro genere. Ci accusiamo davanti a nostro Padre, per le indelicatezze perpetrate verso di lui, nel peccare. Non è un andare dal parrucchiere per essere rimessi in  piega, a posto. Non è neppure per sentirci più leggeri e puliti. Questa invece è la conseguenza, prodotta dal Padre, quando esprimiamo il dispiacere di aver peccato “davanti a lui”.

Insomma confessiamo noi, oppure confessiamo Dio? Confessiamo soltanto le nostre innegabili miserie, oppure confessiamo prima di tutto la sua innegabile bontà e la sua misericordia?

La confessione è un dono di Dio. E noi ci accostiamo al dono con il cuore aperto e riconoscente. Davanti a tale dono ci accorgiamo della nostra pochezza e del nostro peccato. Davanti al dono dunque, e non davanti a un tribunale. Davanti all’amore e non come trasgressori di leggi.

Il perdono cristiano, non è un condono, ma un atto di amore di Dio. Non è “scusare” il deviante dalla legge, ma un abbraccio al povero. Non è freddo come il condono, è caldo come l’amore.

Perciò il confessionale è il luogo della riconquista dell’amore, donato da Dio. Esso è un incontro d’amore, per chi crede all’amore di Dio e vi si affida. E’ il luogo dove, dopo l’Eucarestia, si effonde l’amore, testimoniato dalla presenza della Chiesa.

Elevare il tono della confessione, non è tanto un rendere meno pesante il rito, ma un profondo accorgersi della presenza tenera di Dio.

GCM 22.03.13