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La preghiera

Non  riusciamo a misurare la grandezza del dono di poter pregare.

Ho incontrato molti che vantavano l’onore di aver avuto un contatto con persone celebri o note. “Con Benetton ci diamo del tu”. “Ho baciato la mano a Giovanni Paolo secondo”. “La Vanoni ha risposto a una mia lettera”. “Mussolini ha attaccato una medaglia sulla mia camicia nera”, ecc.

E non si riflette sulla propria preghiera.

Israele si gloriava perché nessun’altra nazione aveva il Dio così vicino, ogni volta che lo si invocava.

Sappiamo che Dio è la persona più grande di ogni persona. Eppure per parlare con lui e a lui, non c’è bisogno di prenotazioni, di raccomandazioni e di anticamera. E’ con noi prima che noi ci accorgiamo di essre con lui: Camminando, mangiando, studiando, divertendoci, dormendo, noi possiamo sempre parlare con lui. Noi: io, tu, Caio, la mia città, il mondo. Come Dio fa ad essere sempre presente a chi lo invoca, lo sa solo lui, e tra qualche anno - o mese, o giorno - lo sapremo anche noi.

Purtroppo ci hanno insegnato che la preghiera è una sollecitazione a Dio perché si comporti come vogliamo noi, mettendo di suo non la sua volontà, ma la sua onnipotenza a nostro servizio.

La preghiera è prima di tutto armonizzarci con la sua volontà. Poi, si chiede pane e perdono. Tanto più che pane e perdono sono la sua volontà in terra, che rispecchia la sua volontà in cielo. In cielo infatti il perdono è l’amore di reciprocità delle tre persone, che si comprendono a meraviglia, e il pane è il loro nutrirsi della stessa eterna divinità.

Perfino le nostre richieste, secondo quanto Gesù ci insegna, sono un abbandonarci a lui, al suo amore, perciò alla sua volontà.

GCM 02.05.12