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Noi e i passati

Paolo, in una lettera ai Corinzi, ricorda l’uso di coloro che si facevano battezzare per i defunti.

Il significato diretto di quel battesimo non mi pare molto chiaro. Però chiaro è il significato aggiunto: tra i vivi e i morti vi è una relazione. Noi conosciamo l’uso dei suffragi per i defunti. Quando si assunsero dalle religioni esistenti alcuni riti e alcune credenze, dove si inoculò Gesù Risorto, allora se ne assunsero anche i significati.

L’Ade dei pagani e lo Sheol degli Ebrei si trasformarono nel Purgatorio cristiano. Mentre l’Ade e lo Sheol non avevano sbocchi ulteriori, il Purgatorio apriva la via verso il completamento della fede in Gesù Cristo: la Risurrezione. Il suffragio ammetteva una situazione di passaggio tra la morte e la risurrezione.
La risurrezione, per chi crede in Gesù, è un fatto reale: per Lui e per noi. Però resta nascosto il come, resta celato il quando. Allora il Purgatorio assunse il compito di includere il come e il quando.

Però il Purgatorio è pensato e descritto, attribuendogli le misure del tempo e dello spazio. Misure proprie per il “di qua”, ma improbabili per l’”al di là”. E’ un aiuto alla fantasia, non può essere una descrizione della realtà.

Resta sempre la realtà di un nostro congiungimento con i nostri defunti. Siamo in una sola situazione di base: noi “resurrecturi” (destinati alla risurrezione) e loro presenti in Gesù Risorto. Il legame, in Gesù, tra noi e loro, è la risurrezione, da noi attesa, da loro goduta, legame tenuto stretto dalla morte, soglia che unisce i due ambienti: il tempo e l’oltre il tempo.

Pregare per loro e vivere i sacramenti per loro, in realtà è un pregare con loro e vivere il sacramento con loro.

GCM 02.11.12