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Partecipi di un dono infinito

Il versetto 6 del 1° capitolo della Lettera agli Efesini dice: a lode e gloria della sua grazia che ci ha dato nel Diletto.

A una lettura superficiale sembrerebbe che Dio abbia donato tutto per autocelebrarsi nell’averci donato la sua grazia. Sembra affine al “Ad majorem Dei gloriam (AMDG)”. Tutto per la gloria di Dio, cioè compiere tutto per glorificare solo Dio.

Il testo però non indica una posizione di umili servi. Di fatto la sua “grazia”, il suo dono è nel Diletto. Perciò è una lode che si riferisce al Diletto, cui Dio ha conferito la grazia.

Quindi il Diletto, Gesù, è il referente della lode. Però nel versetto 2 ci aveva avvertito che noi siamo “benedetti in Cristo”. Perciò quanto si riferisce a Gesù, si riferisce anche a noi. Perciò se la “lode e gloria” del Padre è depositata in Gesù, essa è depositata pure in coloro che vivono la stessa vita di Gesù.

Ecco il mistero, nascosto da secoli in Dio: noi stessi, che aderiamo con la fede e con il cuore a Gesù, siamo con lui i depositari della gloria e lode di Dio, che si realizza nell’universo, elevato nella luce di Dio.

Perciò Paolo sviluppa il versetto 6 nei versetti seguenti.

In Gesù abbiamo il riscatto [lo scioglimento delle catene] grazie al suo sangue [la morte come riscatto], scioglimento delle trasgressioni, attraverso la ricchezza del suo dono.
Il dono di Dio in Gesù è tanto ricco da trasformare i peccatori in credenti, ricuperando così la condizione iniziale, stabilita prima della costruzione del mondo.

Il testo ci ricorda “la ricchezza della sua grazia”. È ricchezza di Dio, è dono che si radica nell’infinito: la misura del dono è “smisurata”, perché la ricchezza di Dio non patisce limiti o confini. Ricchezza non confrontabile con le misere ricchezze degli uomini.

18.08.15