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Amore per la fede

Il rapporto affettivo è un aiuto all’amore dilatato.

Paolo, scrivendo a Timoteo, lo chiama “figlio”. Scrivendo alle Chiese, chiama i cristiani con la qualifica di “fratelli”. Gesù voleva bene a tutti i suoi, eppure anche di Giovanni, e soltanto di lui, si legge: “colui che Gesù amava”. La differenza affettiva coltivata, è una situazione accettata. È necessario che essa sia di stimolo alla crescita della fede in Gesù e dell’amore ai fratelli. Anzi ogni affetto deve condurre, se è autentico, all’aumento continuo della fede. Ci si affeziona, e ci si innamora per aiutarci a vivere la fede.

Credo che una riflessione utile, in questo senso, debba essere rivolta a quel particolare amore, che porta l’uomo e la donna a unirsi in matrimonio. Ti sposo affinché la nostra unione ci spinga ad approfondire la fede in Gesù e nel Padre.

Il matrimonio cristiano, per essere cristiano, non può prescindere dal reciproco aiuto nel conservare e nell’aumentare la fede in Gesù, oltre che la fedeltà reciproca tra gli sposi.

Così il matrimonio può espandere la fede. Innanzitutto verso i figli, che non possono essere educati solamente a essere brave persone e corretti cittadini, neppure a imparare formule di preghiere oppure osservanza ai riti. La fede è il grande tesoro che i figli possono e devono vivere e approfondire. E poi la famiglia credente espande l’esperienza di fede ad altre famiglie, alla chiesa, al mondo, che non può reggere senza persone e gruppi credenti.

 16.09.15