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Terremoto e gloria

Beato quel terremoto, che dallo sconquasso fa sorgere salvezza per la povera gente.

L’episodio è noto, almeno a quei non molti cristiani che frequentano la Sacra Scrittura. Esso è narrato negli “Atti degli Apostoli” (Ossia “Il giornale degli Apostoli”).

Paolo e Sila predicano Gesù. I magistrati perciò li condannano. La condanna: fustigazione e carcere. Questo si guadagna nel parlare di Gesù. Gesù infastidisce i capi politici e la magistratura: costoro seguono leggi di uomini, che prescindono laicisticamente da Gesù. Come lo Statuto Europeo. Guai toccare Gesù: scotta!

Mentre i due sono feriti e languenti in carcere, si scatena un terremoto, che sconquassa il carcere e spezza le catene dei prigionieri. Quando il carceriere scopre la rovina del carcere, decide di suicidarsi. È la soluzione, per molti, la più ovvia, nei fallimenti. Uccidersi libera dalla responsabilità del passato e da quella del futuro, che richiede un riorganizzarsi: e i deboli risolvono tutto con il suicidio.

Paolo si accorge dell’intenzione autolesionista del carceriere, e lo dissuade dal suicidio, poi gli indica che può ancora sperare se rivolge lo sguardo verso Gesù. Il carceriere si lascia convincere (era un cuore puro, perché vede Dio). Poi cura le ferite di Paolo e Sila, e si fa battezzare. Quindi fa battezzare nel nome di Gesù, tutta la famiglia, e invita Paolo e Sila a un banchetto nella propria famiglia.

Dal tentato suicidio alla vita eterna, complici un semplice terremoto e la bontà di Paolo, che anche dopo un terremoto, resta l’Apostolo di Gesù.

GCM  16.05.12