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Perdono. 3

Per  ricevere il perdono da Dio, o dagli uomini, è indispensabile non rifiutarlo.

I modi per rifiutare di essere perdonati sono innumerevoli. Ogni persona ne sviluppa uno particolare, o più di uno.

L’orgoglio ci convince di non aver sbagliato o peccato e ci trattiene necessariamente dal disporci al perdono. Il nostro orgoglio organizza un’infinità di scuse per nascondere la colpevolezza o la colpa. Le scuse sono anche appoggiate a letture, all’adesione a morali correnti, ad autori classici, alle chiacchiere delle pettegole  (o dei pettegoli)  a sistemi ideologici e filosofici, al comodo di un quieto vivere, allo psicoanalista di fiducia, al capo partito immorale, insomma a qualsiasi appiglio, al quale si aderisce per fomentare l’illusione errata di non aver peccato.

La paura, di per sé, non allontana dal sentirci bisognosi di perdono, ma solo dall’obbligo di comunicare agli altri le nostre colpe. Esprimerle a Dio non è difficile, ma trasmetterle agli uomini (amici, coniugi, giudici, confessori...) è un peso difficile da accettare.

In questo caso non si rifiuta il bisogno di essere perdonati, si rifiutano invece le modalità pratiche di chiedere e di ottenere il perdono.

Ci sono anche delle perverse leggi statali o internazionali, che producono l’illusione di non aver bisogno della dolcezza del perdono. Leggi sull’aborto, sull’eutanasia, sul divorzio, sul “matrimonio” tra omosessuali, sul falso in bilancio, sulla necessità delle guerre, su qualsiasi tipo di non punibilità...

Perché questa correità sociale per privare coscienze e cuori della necessità e della dolcezza del perdono e della misericordia?

GCM 18.03.13