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Rispettati, o chiusi?

Le persone giustamente richiedono di essere rispettate, e quindi, non costrette a comportarsi nel modo che aggrada agli altri. Purché, evidentemente, non nuoccia agli altri.

Eppure non poche di queste persone, che esigono il rispetto per sé, non sanno rispettare gli altri. E il primo rispetto è comprendere che anche gli altri non vogliono essere costretti.

Invece le nostre famiglie, le nostre comunità religiose, il nostro contatto civile sembra un continuo campo di battaglia, dove ciascuno intende prevalere sugli altri. I genitori sui figli, i figli tra loro. I superiori sui sudditi, i sudditi tra loro, i colleghi tra loro, i cittadini tra loro, e via elencando.

I mezzi delle prevaricazione sono infiniti. Il più subdolo è il silenzio, poi l’opposizione passiva, per arrivare alla smaccata lotta belluina tra i politici.

Anche la pretesa, o la semplice volontà, di essere lasciati in pace, può essere vissuta come prevaricazione sull’ambiente. Perfino la pretesa di darsi alla preghiera, e intanto sottrarsi al contatto costruttivo e confidenziale con il prossimo, riesce a trasformarsi in prevaricazione.

Non è agevole sottrarsi alla tentazione della prevaricazione. Persino il chiedere con insistenza è prevaricare, in maniera intensa nel pitocco che pietisce insistendo. Siccome desideriamo essere attorniati da persone che non disturbino il nostro modo di vedere e di vivere, spesso rifiutiamo chi non si comporta così, richiudendoci a riccio. E guai a chi ci tocca: viene punto!

Troppo spesso sembra che chiediamo, mentre di nascosto stiamo comandando.

GCM 14.01.13