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Oriente e Occidente

Ringrazio te, nostro Padre, per l’incontro di ieri sera, quando abbiamo parlato della meditazione a Occidente e a Oriente, ossia in ogni situazione religiosa e personale nel mondo.

Meditare, ossia superare la superficialità, per riflettere e vivere la nostra qualità di uomini e di figli di Dio. Meditare ossia accettare l’unità in noi, tra di noi, in te, nostro Dio.

Meditare è anche superare il rivestimento della meditazione, cioè il metodo e i metodi, per cogliere l’essenza umana e accettare l’opera e la presenza di Dio.

Sono riconoscente a Marcello, quando mi ha fatto osservare come lo stesso fenomeno può nascondere una duplice essenza, addirittura contraddittoria.
La moltiplicazione delle lingue: a Babele fu segno di punizione; a Pentecoste fu segno di unità: attraverso le molte lingue l’unico Spirito fu appreso dal mondo. La molteplicità è varietà e dono, quando è permeata dallo Spirito di Dio.

Tutto concorre al bene di coloro che Dio ama. E chi di noi non è amato da te, Amore Infinito? Solo tu, come hai fatto ieri sera, puoi indicare l’unità dinamica, che attraversa ogni diversità, che sta a sua volta attraversando miliardi di tue creature.

Le pratiche orientali (induistiche e buddhistiche) tendono a condurre l’uomo alla felicità. È lo stesso scopo del vangelo. Nel vangelo c’è un’aggiunta importante e caratterizzante: felicità oggi – in quanto possibile – e sempre nell’eterno colloquio io-tu con Dio. L’aggiunta è l’eterno, vissuto come ricomposizione nell’unità della Trinità.

GCM 27.06.12