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Cali provvidenziali

Vorrei definirlo “il calo”, la diminuzione.

È legge di ogni sentimento umano, sebbene possa disturbare, me talvolta assai.

L’amore (o l’illusione di amare, mentre si pensa a soddisfare sentimenti e sensi) dei giovani, dei fidanzati, dei giovani sposi.. tutto si inizia con gioia, con entusiasmo, e dopo qualche tempo o qualche anno, diminuisce lo slancio.

Così avviene nella preghiera, nella professione abbracciata con entusiasmo, nello studio. Dopo un fervore iniziale, che può prolungarsi anche per anni, ecco il calo. Naturale. È stanchezza? È mancanza di gusto o di piacere? È distrazione verso altri interessi? Alcuni si chiedono: è il diavolo che ci mette la coda? (Perché proprio la coda, quando la sua testa è davvero intelligente, almeno stando a quanto dicono di lui?).

I santi nobilitavano il calo, trasmutando in “notte oscura”, “prova di Dio” e via dicendo.

Che alla base di tutto ci sia un gioco della bontà di Dio? Ossia una base addirittura metafisica. Siamo limitati, precari, nella vita e nelle emozioni. Nel calo di entusiasmo e di devozione, di studio e di meditazione vivamo la precarietà della nostra adesione anche alle realtà più belle e più sante. Tutto in noi, per vivere e per durare, deve rigenerarsi.

L’unica possibilità, umile poiché umana, che ci resta è quella di ringraziare Iddio per i nostro ali e per le nostre stanchezze emotive e affettive, scorgendo in esse - anche in quelle religiose – un richiamo del Padre a considerare la nostra provvisorietà, e a scorgere in questo richiamo, la voce di Dio, che mostrandoci i nostri limiti ci si presenta come lui è: infinito.

GCM 04.10.11