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Essere dotati

Le nostre qualità, la nostra buona volontà non sempre sono riconosciute. Anche quando, necessariamente devono farci lavorare, le nostre prestazioni, soprattutto nei piccoli gruppi, sono strumentalizzate, non valorizzate.

Quasi sempre si servono di noi, ma non ci valorizzano per ciò che siamo. E appena sfruttato il nostro lavoro, siamo buttati nell’ombra.

È destino, soprattutto degli iperdotati in un mondo di mediocri, che si credono grandi perché si comportano secondo la moda (o novità, anche strana) del momento.

Eppure la loro “umiliazione” non è una perdita. Proprio Colui che li ha forniti di una superdotazione li sta valorizzando.

Perfino l’umiliazione vissuta con spirito cristiano, aumenta il valore della loro dotazione. Attraverso l’umiliazione elaborata, aumenta la “virtù”. La superdotazione si corona di virtù e l’umiliazione non cancella, ma esalta, aggiungendosi, la dotazione.

Tutto diventa dono. Ciò che si è, perché donato da Dio, ciò che si affronta, perché preso di mano dall’uomo può esser offerto a Dio, in uno scambio che si fonda e si rinnova..

Le ferite restano, talvolta cicatrizzano. Però esse possono esser sublimate, e non soltanto nella fantasia, ma anche nella realtà dello Spirito di Dio. Le sofferenze restano (forse per tutta la vita), ma sono accese di riverberi celesti.

Esse sono una pallida immagine di altre cicatrici, quelle che Gesu mostrò a Tommaso, per farlo transitare dall’incredulità alla fede. Le ferite sono lo scotto del valore, che vive la persona superdotata da Dio: sono il sigillo, che autentica il valore stesso. Sono la consolazione, che sorge da una presa di coscienza del valore del dono. E una presa di coscienza dell’appartenere solo a Gesù.

GCM 09.05.12