HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2013-02 > Accettazione ed educazione

Accettazione ed educazione

L’educazione e la cultura ci hanno rapinato una delle arti più belle e più feconde: l’accettazione.

Accettare noi stessi, e, conseguentemente, accettare gli altri.

Da molte parti si predica l’accettare il diverso, lo straniero, l’handicappato., il nemico. Ma se tutta questa propaganda non educa prima ad accettare se stessi, resta aria fritta.

Di solito si insiste per accogliere i terzomondiali, che giungono in Italia. Ma  questo è vano, quando vediamo l’esempio in Parlamento, dove i gruppi e i sottogruppi non sanno accettarsi reciprocamente. È più facile pretendere di salvare un ottentotto, che non salutare il vicino di casa.

L’accettazione reciproca dei familiari è debole: ecco il divorzio, o le perenni liti in famiglia.

Tutta questa non accettazione nasce a livello personale.

Fin da piccolo gli educatori (?!) ci hanno obbligato alla non accet-tazione. Dovevamo studiare le nostre tendenze per incrementarle e indi-rizzarle sulla loro strada. Invece ci inducevano a compiere azioni contro noi stessi (i fioretti?), a competere per strada e a scuola, a diventare pic-coli adulti, quando ancora eravamo bambini. Insomma una combutta perfida per non lasciarci noi stessi. Gli animali non fanno così con i loro cuccioli.

Così le nostre qualità e le nostre autentiche possibilità diventavano difetti, da estirpare secondo motivi religiosi e civici. E ci siamo pro-gressivamente allontanati da noi stessi.

Dio non ci ha creati delinquenti e peccatori. Ma quando vennero i veti, allora ci siamo scoperti malvagi. Paolo diceva che quando venne la legge si scoprì peccatore.

GCM  25.08.10