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Perfezione di altri

Non è raro il nostro pretendere che gli altri compiano tutto il loro dovere, mentre noi ci dispensiamo dal nostro.

S. Paolo, parlando di sé, dice di aver completato il suo itinerario, di aver mantenuto la fede, e di attendere il premio conseguente. L’esame di coscienza lo faceva su se stesso, per trovarsi con il suo Dio, non sugli altri.

A ben osservare, noi pretendiamo che gli altri compiano fino agli sgoccioli il loro dovere, non per amore della completezza morale degli altri, ma per il comodo e per i frutti che derivano a nostro vantaggio.

Non è raro costatare che i più severi nel pretendere che gli altri siano ligi perfettamente ai loro doveri, gli stessi sanno trovare tutte le eccezioni e tutti gli ammennicoli, per evitare il compimento del proprio dovere.

Un simile comportamento nasce dal bisogno di autostima, utilizzando la disistima per l’altro.

Ultimamente si è sviluppato lo sport della denigrazione del papa e dei preti, perché non compiono il loro dovere, per scusare le deviazioni morali dei critici stessi. Si tratta dello sviluppo ad altissimo potenziamento del fariseismo.

Gesù, per antidoto, dona indicazioni semplici: non guardare il bruscolo nell’occhio del fratello, perché un trave oscura la nostra vista. E poi: chi vuol essere il primo, si faccia ultimo. Questa indicazione di Gesù è davvero indigesta.

Essere il primo è tra i desideri più o meno espliciti di molti di noi. Il desiderio di farsi ultimi, lo troviamo in Francesco d’Assisi. La situazione diventa critica, se questa indicazione è rivolta proprio a noi. Proprio a te, proprio a me! Eppure è parola che salva, parola di Gesù.

GCM  31.05.12