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Dell’invidia

Certamente ciascuno vede le cose, interpretandole. Questa è la bellezza e il limite. Chi è di piccole vedute, interpreta in senso negativo ciò che vede o che ode. Chi è preso da invidia (frutto di inferiorità) scorge soltanto i difetti nella persona invidiata, e l’umiliazione in cui essa cade.

Un semplice esempio. Una corrispondenza via e-mail è iniziata con stile scherzoso dal tipo invidiato. La risposta è altrettanto scherzosa. L’invidioso coglie nella risposta un disprezzo, venendo egli a conoscenza soltanto della risposta. Ed ecco la scoperta: “Quel tipo (l’invidiato) crede di essere rispettato dagli altri e non s’accorge di essere preso in giro!”. La pietanza è servita, e l’invidioso si sente appagato, perché lui non è preso in giro. E così prende in giro se stesso.

Di solito l’invidia si sposa alla grettezza. Ho osservato nell’invidioso l’attaccamento al denaro, la paura di essere aperto per poi riavere l’apertura da parte degli altri. Lesina, non accorgendosi che solo chi dà, riceve. Anzi il Vangelo dice che egli riceverà in misura grande “scossa e pigiata” (per usare il linguaggio commerciale dell’agricoltura).

L’invidioso è marcato da una stria depressiva. Egli non arrischia, perché senza dare, pretende che gli altri gli diano, e trova che gli altri non si curano mai di lui.

L’invidia è una gran brutta malattia, che toglie la pace e mette sempre in agitazione. Se si osserva bene, si scopre che l’invidioso parla sempre come se dovesse azzannare qualcuno: voce agitata, tono abbassato, parlata frettolosa. Parlata frettolosa, come se il parlare lento gli facesse perdere qualche cosa. E poi guardalo ai pasti: lui non mangia, divora.

GCM 17.12.12