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Amore e umiltà

“Se mi sbaglio, mi corriggerete”. Chi ha raggiunto una certa età ricorda quel 1978.

L’errore in cui incappò Papa Woytila e il suo semplice riprendersi e l’errore di lingua nel correggere l’errore precedente,
scatenò l’entusiasmo e la simpatia del mondo. Il doppio sentimento: l’umiltà vera e scherzosa da un lato, l’immediata simpatia dall’altro.

L’umiltà favorisce il dialogo, il contatto con gli altri. Il non meravigliarsi dei propri errori, l’ammetterli, il comunicarli agli altri, sono ingredienti sicuri per dialoghi, intrisi di simpatia.

Gesù si umilia: annullò se stesso, ci ricorda Paolo. Si umilia fino a consegnarsi a un po’ di pane, pur di restare con noi.

L’umiliazione di una persona, diventa vanto per l’orgoglioso, ma legame umano per chi ha un cuore. L’amore all’umiltà, non è una semplice virtù: è una porta che si apre sicuramente al dialogo con gli uomini e con Dio.

Il grande comunicatore, che raggiunge chi l’ascolta, è Dio. Dio si fece piccola parola (verbum abbreviatum) per comunicare con noi, uomini, suoi figli. L’incarnazione è il composto di amore generoso e di piccolezza, un estremo amore, veicolato da un’estrema piccolezza.

Talvolta ci chiediamo: “Amo veramente Dio? So amare il mio fratello? Quanto è il mio amore?”. La misura dell’amore, Dio ce l’insegna, è la misura dell’umiltà. La mancanza di umiltà è impedimento all’amore.

Forse perciò Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili. Dio non può comunicare tutto il suo amore a chi non lo sa accettare con umiltà.

GCM 03.09.08