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L’ansia nell’esistere -1

Constato ogni giorno la fondatezza psicologica e di fede, nelle parole espresse da S. Agostino: “Ci hai creati per giungere a te, e il nostro cuore è inquieto fino a che non riposi in te”.

Vedo persone turbate da sempre, che scorgono in lontananza una soluzione nella fede in Dio, ma credono di non essere capaci di aver la fede. Eppure già lo scorgere la fede in lontananza è l’inizio della fede. Forse avevano rifiutato la fede, o, forse e meglio, pensavano di aver rifiutato la fede, perché avevano rifiutato i trasmettitori della fede, preti e catechismi. Ma Dio è al di là dei catechismi, e non si può rifiutare, perché lui non attua la reciprocità del rifiuto.

Per placare le ansie psichiche, ci si rivolge agli psicologi e agli psicoterapeuti o ai farmaci.
L’azione di queste forze è legittima e utile. Essa tende a scoprire la dinamica delle ansie, e spesso riesce a placare le ansie superficiali, a aprire spiragli di serenità e di voglia di vivere.

Eppure nelle persone, soprattutto nelle più sensibili e più dotate, dopo l’effetto positivo della psicologia o del litio, resta un  sottofondo di incompletezza e di finissimo disagio. Esso non proviene dalla fonte più prossima dell’ansia che è la vita emotiva, ma da un livello più profondo, che è oltre l’inconscio. Esso è collocato nell’uscio primo dell’inconscio: l’inizio dell’esistenza.
Quell’inizio che non è nelle nostre mani (come non è nelle nostre mani la fine dell’esistenza).

Questa ansia finissima, che non si può scambiare con l’ansia emotiva e che non è guarita con gli stessi mezzi, con i quali si placa l’ansia emotiva, sta nel confine dove si gioca il rapporto tra creatura e creatore.

GCM 02.04.09