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Più che creature, figli

Figli di Dio siamo noi credenti: tali ci fa il battesimo nel nome di Gesù (non nel nome di Giovanni Battista). È vero che ogni uomo è creatura del Padre, e, in quanto tale, vive di una certa figliolanza di Dio. Però il credente è figlio che partecipa della figliolanza di Gesù, che è di tipo divino.

Il battesimo rivela sì la “potenzialità dell’uomo” di essere figli di Dio, ma la rivela con una “aggiunta” di tipo diverso.

Gesù nasce già Figlio divino. Noi attendiamo il battesimo – comunque lo si intenda – per essere “costituiti” davvero figli. Essere battezzati con l’acqua e con lo Spirito: leggiamo nella Parola di Dio.

Gesù è il Salvatore di tutti. Eppure il partecipare alla sua divinità, avviene in coloro che non sono “nati da carne”, ma trasformati dallo Spirito di Gesù.

È un’enorme gloria essere “suoi, gregge del suo pascolo”. Ma è impensabile, eppure reale, essere in Gesù figli (non solo adottivi, perché Gesù non è figlio adottivo, ma autentico). Forse alla nostra ristrettezza di pensiero non è permesso capire la grandezza e l’opera di Dio, ma alla nostra fede è donato di spaziare nell’infinito; non un infinito immaginario o matematico, ma un infinito, che non può essere pensato perché senza contorni (fines), ma può essere intuito e, soprattutto, creduto.

Figli di Dio lanciati nell’infinito, eppure gioiosi proprio perché i limiti ci lasciano scontenti e desiderosi del “meglio”, ossia dell’indicibile, già “toccato” dalla fede.

06.11.18