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Liberazione e gioia  

Gesù diede la sua “anima” in riscatto per molti. È la vita, tutta la vita per beneficare gli uomini. Riscatto in greco “lutron”. Il riscatto dei prigionieri (nel nostro caso: peccato, ignoranza, sottomissione agli elementi del mondo) Gesù lo versa facendosi lui prigioniero al loro posto, o, come si esprime S. Paolo, divenendo lui peccato per liberare coloro che erano (e sono) schiavi del peccato.

Ha donato la “vita”, ossia tutto se stesso, e non solamente la morte. Infatti è venuto non per condannare, ma per salvare. Nulla della sua vita si esenta al compito della salvezza, quasi lasciando alla sua morte questa incombenza.

Certamente la gioia della liberazione attuata da Gesù, non può e non deve diventare la tristezza di una sottomissione sofferta sotto il piede di chi comanda, in qualsiasi ruolo di comandante egli sia posto. Il potere, ogni potere compreso quello che deriva dalla sacralità, non deve opporsi alla libertà regalata da Gesù. Ogni oppressione è offesa contro il liberatore.

Che dire della presunta sottomissione delle coscienze a qualsiasi legge, che non sia la “legge della libertà” acquistata da Cristo, come si esprime l’Apostolo, e, in lui, si esprime lo Spirito Santo? La legge di Gesù è legge di libertà e perciò è “legge perfetta” (Cfr Gc 1, 25).

La legge che libera, non sottomette, ma esalta, perché eleva al piano di Dio: essa non genera dolore e tristezza, ma gioia. Quando le leggi e i comandi degli uomini, anche superiori, generano tristezza, esse vengono da Dio?

23.03.17