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Ministero

S. Paolo si dichiara amministratore dei beni di Dio, e chiede di essere fedele al proprio compito. Amministrare le cose di Dio è proprio di ogni cristiano, e in particolare di coloro che sono stati assunti a un incarico ben definito: i cosiddetti sacerdoti.

Io continuo a chiedermi: mi comporto come un impiegato o come un collaboratore? Impiegato, (come si esprime un prete psicologo tedesco) funzionario? Io mi vivo da impiegato, da dipendente, che compie una funzione con fedeltà a un orario, a un luogo, a un vestito? Se vivo da collaboratore, sono libero da orari, da abiti, ma impegnato nel cuore e nella vita.

È più spiccio il mestiere dell’impiegato, che dona tempo e opera, ma si trattiene dall’amare e dall’interessarsi di Dio e delle persone, ed è soddisfatto per aver occupato tempo e… sedia.

Collaborare con Dio, si inizia con la commozione: Dio associa l’uomo a sé per produrre la salvezza nel mondo! Si tratta della stessa commozione che ebbe Gesù (“esultò nel suo spirito!”) nel sentirsi uomo in unità con l’opera del Padre. E poi si continua con il “rivestirci” dei sentimenti di Dio (misericordia) e dei sentimenti di Gesù, che essendo Dio si spogliò di ogni forma di gloria, per sentirsi e viversi totalmente uomo tra uomini. Collaborare con Dio è viverci davvero uomini.

E concludere ogni fase della collaborazione con il ringraziamento, perché “i nostri nomi sono scritti nel cielo”. Il vero risultato non è l’aver domato il diavolo, ma l’esser con Dio, mentre si compie l’opera di Dio, che è credere, assieme con gli altri, al Padre e a Colui che il Padre ha mandato.

GCM 03.07.12