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Custodi del fratello

“Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gn 4, 9). Così Caino, che pur aveva ucciso il fratello, di fronte a Dio, che l’interrogava, pretese di scusarsi.
Essere custodi di altri. Dio ci crea, affinché ognuno di noi sia “custode” di qualcuno.
Le madri e i padri, i medici, gli psicologi, i preti, i pizzicagnoli: sono tutti adibiti alla custodia di fratelli. Non possiamo affibbiare solo agli angeli custodi tale compito.

Anche con la semplice nostra preghiera a favore di altri esercitiamo la custodia. E il Padre non ci permette di morire, se il nostro compito di custodire non è esaurito.
Gesù, poco prima di terminare il suo compito in questa vita, prega il Padre: “Quando ero con loro, io li ho conservati nel tuo nome, [coloro] che mi hai dato e li ho custoditi e nessuno di loro si è perduto” (Gv 17, 12).
Finito il compito di custodire, Gesù affida i suoi alla custodia del Padre, che soccorre con il suo Spirito.

La missione di Gesù è passata a noi chiesa. Eppure è missione di tutti, nella loro situazione sociale, di custodire i fratelli. È compito e missione della polizia e dei politici. Anche questi non possono accontentarsi di successi, per grazia di Dio effimeri, ma sono obbligati al bene degli altri.
Non sempre è chiara la nostra missione di custodi. Spesso essa si esercita con la preghiera, con la parola, con lo scritto. Una cosa è sicura: il Padre ci fa vivere tutto il tempo necessario affinché possiamo completare la missione di custodi, prima di passare ad altri il testimone: proprio come fece Gesù.

07.08.19