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Persecuzione religiosa

Verrà un tempo, nel quale chi vi perseguita, crederà di rendere onore a Dio. Queste parole il nostro Gesù le disse per incoraggiare i suoi apostoli e noi, ad andare fieri di essere perseguitati proprio da coloro che si immaginano (immaginazione malata) di essere più religiosi di noi, mentre noi seguiamo la religione del cuore, quella che ci pone in diretta comunicazione con Gesù.

La stessa situazione è vissuta dai bambini e dagli adulti, quando compiono un bene immediato, una preghiera sincera, ossia quando se-guiamo a camminare là, dove ci porta il cuore.

Siamo criticati e, spesso, condannati, perché andiamo al Padre a braccia aperte, e non con le braccia conserte come impongono leggi e usanze.

La persecuzione, di cui parla Gesù, è sempre attuale, non solo per i cristiani di Orissa, di Bagad, o dell’Indonesia e del Sudan, ma anche per i cristiani di casa nostra, vittime del fariseismo infiltrato nelle strutture ecclesiastiche, dentro le quali per amare Dio, si deve chiedere il permesso ai Superiori, quando non addirittura alla Santa Sede.

C’è, inoltre, una persecuzione molto subdola, che esercitiamo noi, contro noi stessi. Quante volte la legge o lo scrupolo (figlio primogenito della legge) ci impediscono di esprimere la nostra fede!

L’esempio classico: abbiamo mezz’ora di tempo, in mezzo alle faccende giornaliere, da dedicare alla preghiera. Il cuore mi conduce alla silenziosa contemplazione di Gesù o del Padre. Ma non lo possiamo fare, perché quella contemplazione ci impedisce di recitare le preghiere rituali imposte. La legge contraddice il cuore “per rendere onore a Dio”.

GCM  25.08.10