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Spiritualità

E’ possibile stancarsi della spiritualità una volta che la si è abbracciata e conseguita? E’ possibile per un cristiano lasciare il cristianesimo dopo averlo gustato? E’ possibile che un francescano, dopo aver abbracciato il francescanesimo, si butti a testa bassa in altre spiritualità, soprattutto più recenti ed anche secche ed esigenti?

Tutto è possibile. Soprattutto a chi non ha mai amato la propria spiritualità, non l’ha mai assunta, ma solamente se ne è vestito.

La crisi dentro la spiritualità compresa e accettata, è un segno di crescita. Come ogni crisi negli esseri viventi. E’ segno di un periodo ultimato e di necessità d’ approfondimento.

Ho udito un frate, che fequentava un aggiornamemnto della propria spiritualità francescana, esclamare:”Sempre le stesse cose!”. E darsi con entusiasmo a una spiritualità neocatecumenale, addirittura dichiarando: “Quella è la mia comunità!”. Ma l’incoerenza lo legava alla comunità che gli dava da mangiare, e nella quale notava tutti i difetti dei confratelli. Era di un’affettuosità perfino repugnante con gli estranei, e non dava nemmeno il buon mattino ai conviventi. Evidentemente la sua spiritualità era una scusa per non uscire dal proprio egoismo.

La vera spiritualità è aperta. Vivo la mia e apprezzo quella degli altri, ne scopro la bellezza dopo aver scoperto la bellezza della mia spiritualità.

Per il francescano è esperienza soave entrare nel vissuto di Francesco, e, in esso, esssere trasportato in Gesù.

E’ bello commuoversi a Natale, soffrire nella Passione, esultare a Pasqua. Proprio come accadeva a Francesco, o a Giuseppe da Copertino.

La spiritualità francescana è uno scorrere naturale nell’esperimentare Gesù. E’ uno sciogliersi nella vita di Gesù, per essere disponibili a sciogliersi nella sua Risurrezione.

GCM 25.11.10, pubblicato 15.01.11