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Morte sorella

La vita e la morte dell’uomo è nelle mani di Dio. “E’”, non “sono” nelle mani di Dio, perché fanno parte di un’unica realtà.

Siamo di Dio sia nel vivere, che nel morire. Egli ci accompagna sempre, perché da Padre non può abbandonarci.

La morte, il necessario passaggio per abbandonare il corpo, che ci lega alla terra, al cibo, al lavoro, al delitto. Svestirci del peso per volare liberi, nella libertà di Dio. Svestirci anche dalle ristrettezze degli affetti, non sempre scevre di egoismo, che ci legano oscuramente alle persone.

In questo spogliamento di ogni realtà caduca, per quanto bella, Dio è presente, ci tiene per mano, ci sveste per rivestirci nuovi, e tutti pieni della sua luce.

Il nostro piccolo egoismo teme la morte, perché teme questa spogliazione dell’effimero. Anche questa spogliazione, però, si accorda alla parabola del mercante che si libera di ogni avere, pur di acquistare la pietra preziosa.

Morte e libertà sono binomio inscindibile, e non solo per le cosidette “guerre di liberazione”, dove si celebrano gli “eroi”, che non ce l’hanno fatta a restare vivi. I reduci infatti sono semplicemente reduci, non eroi. La morte crea l’eroe.

Morte e libertà è il felice destino di tutti.

Quando diciamo che la nostra morte è nelle mani di Dio, sottintendiamo che nelle sue mani è l’ora della morte. Ci dimentichiamo che nelle sue mani non è solamente l’ora, ma anche il modo. Sia il quando, sia il come.

E nel “come” si potrebbe celare anche la fase ultima della nostra purificazione per giungere alla libertà. Forse nel “come” del  morire si nasconde l’ultima fase del nostro “purgatorio”.

GCM 04.02.11, pubblicato 11.05.11