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L’allegrezza all’Ascensione 8

Si sviluppò allegrezza all’Ascensione, quando venne un angelo a scuotere la gente che guardava il cielo? Dopo la perdita della morte, la perdita dell’Ascensione, quando i discepoli credevano di aver ricuperato il Maestro di sempre.

Qui nasce e si sviluppa una diversa specie di gioia. “Se non vado, non può arrivare lo Spirito”, quello che introduce alla realtà tutta intera. Una gioia analoga a quella degli eredi. Deve pur morire il testatore, affinché gli eredi entrino a godere dei suoi beni.

L’Ascensione è gioia chiara per Gesù, che compie fino in fondo la volontà del Padre, quella volontà, che ha percorso e retto l’esistenza di Gesù. Gioia eterna per lui, che “ritorna” al Padre suo. Gioia del possesso.

Tuttavia è gioia anche per i suoi, che rimangono “nel mondo”. In lui gioia per il possesso, in loro gioia nella speranza. Contro lo “speravamo” triste dei discepoli di Emmaus, si erge ora la speranza, radicata sulla promessa. Quella speranza che anche oggi regge e consola noi Chiesa.

Maria, con la Chiesa, vive la nuova speranza, che è la nuova certezza. Maria è felice per il Figlio, ormai posto nella sicurezza della luce di Dio. Per lui non dovrà più né soffrire di parto, né scappare in Egitto, né angosciarsi per lo smarrimento di Gesù dodicenne a Gerusalemme, né essere trascinata dalla parentela a richiamare lui “che è fuori”, né accompagnarlo alla morte. E che cosa più gradito per una madre che sapere il figlio “sistemato”? Sistemato per sempre nella gloria. Adesso può godere per quella frase arcana “Sarà grande e costituito Figlio di Dio”. Adesso Maria si rallegra, per quel “grande Figlio di Dio”.

GCM 22.08.11, pubblicato 06.12.11