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Spirito e norme

Quando la religone ebraica prima, e quella romana poi, hanno preteso di sottoporre la fede ai parametri del culto religioso, a poco a poco la fede si è indebolita e perfino eclissata. Il culto ormai potente non riesce a servire la fede, ma tende a dominarla. Addirittura, come avviene sovente nel contesto liturgico, si tagliano parti della parola di Dio, per adattarle alle esigenze del culto.

E’ il dominio della carne sullo spirito? Della lettera sul significato? L’adorare Dio in spirito e verità, di cui parla il Vangelo di Giovanni, è una capacità di svincolarsi dalle esigenze del tempio, con le sue ritualità, per incontrare davvero il Padre.

Non si afferma di abolire il culto, le leggi, la teologia, bensì di ricordare a questi di servire, anche gioiosamente, la fede. Di per sé solo,  il culto  non salva. Dio, come ci riferisce Isaia, ha in abominio i sacrifici che non si accompagnano alla conversione del cuore e delle opere. Il salmo ce lo fa ripetere ogni settimana. Eppure si corre il pericolo di ripetere quel salmo non per convertire il cuore, ma per compiere una cerimonia, il culto.

Lo spirito del culto è la fede.

Nelle Costituzioni dei Francescani Conventuali, prima delle norme, è scritta un’introduzione spirituale. Essa serve a far comprendere lo spirito delle norme, che sono sempre leggi umane, e in quanto tali sono illuminate e anche giudicate dallo spirito.

A sua volta questo spirito delle Costituzioni è illuminato e giudicato dal solo Vangelo, il quale illumina la validità o non validità delle norme. Del resto, sappiamo che Francesco intendeva osservare solo il Santo Vangelo, di fronte al quale le norme sono indicazioni effimere.

GCM 13.12.10, pubblicato 12.02.11