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Umiltà 2

L’umiltà nasce con noi e in noi. Ed è la radice della nostra gioia, quella che nasce dalla certezza di essere creature e figli di Dio. La scontentezza fluisce dalla non accettazione, dal rifiuto di essere umili. Non del farci umili, ma dell’accettare di essere già umili, fatti e nati piccoli per il regno di Dio, e per il suo abbraccio.

La gioia provocata dall’umiltà è il sorriso dei bambini, se si sono trovati con dei genitori affettuosi, non severi, equilibrati, che amano i loro figli, senza pretendere di indirizzarli per strade predisposte dalla stupidaggine dei genitori, e dalla loro ambizione.

Gioia spontanea e umiltà è il binomio naturale.

L’umiltà, però, non è un’umiltà di fronte a se stessi, un’umiltà narcisistica, un’umiltà virtù, forza dell’io, compiacimento di mete raggiunte: ossia non umiltà, orgoglio.

Invece l’umiltà è un rapporto fuori di noi, con il Padre. Umili, perché gioiosamente siamo suoi. Umili davanti a Dio, uniti a Dio. Piccoli con lui. Attendendo tutto da lui, soprattutto le nostre doti intellettuali e spirituali. Non autoflagellazione, ma semplice atteggiamento di riconoscenza. L’umiltà sicura di aver ricevuto anche quello che si è, non solo quello che si ha.

Allora tramonta ogni tentazione di misurarci con gli altri, perché la nostra unica misura è Gesù. Rapportarci a Gesù stimola lo scaturire dell’orgoglio di appartenergli, sicurezza di essere suoi, confidenza nel sapere che “siamo conservati per la vita eterna” nel ricevere Gesù Eucarestia. Non i nostri meriti, ma la sua presenza in noi, ci conserva per la vita eterna, che noi non abbiamo né creato né meritato. L’umiltà prodotta dal dono.

GCM 21.01.10 , pubblicato 27.10.10