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Fantasia e rigidezza

L’elogio della fantasia, di solito, è proclamato nel parlare di arte.

Difficilmente è elogiata la fantasia, quando si tratti di spiritualità, di carità, di amor di Dio. La fede invece si basa sulla capacità umana di intuire la parola proposta.

Gesù conosceva perfettamente l’uso della fantasia, propria e altrui, come componenete essenziale della fede. Ecco, nel suo insegnamento, la presenza delle parabole.

La fantasia è l’inizio del coraggio, quando si devono intraprendere le novità. La fantasia, immaginando possibili sviluppi delle nuove proposte, è radice della rassicurazione. Essa fa uscire dal buio totale, e ipotizza percorsi possibili.

La rigidità di carattere, che è paura condensata da molto tempo, impedisce la libera circolazione della fantasia. La rigidità è convinta di possedere l’unica prospettiva nel giudicare la vita, soprattutto quella degli altri. Questi incutono paura, quando vivono la loro “diversità personale”, perciò il rigido interpreta sempre sotto un’unica angolatura il comportamento del prossimo, e perciò il suo giudizio sul prossimo è negativo. Egli approva soltanto chi è rigido come lui, s’offende se incontra altri rigidi ma con prospettive diverse dalla sua, e inesorabilmente condanna le persone dotate di un’intelligente malleabilità di giudizio e di comportamento.

Questi danni egli subisce e causa, perché gli manca l’uso di quella fantasia, che è disposta anche a vedere in ogni altra persona il sicuro sottofondo dei valori. Egli giudica e condanna, e si priva della gioia dell’empatia.

Perfino il Vangelo, costellato di bagliori di fantasia, egli lo vive come codice, come legge morale, perdendo tutta la dolcezza di Dio, di cui il Vangelo è gravido.

GCM 21.03.10    -    pubblicato l' 11.06.10