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Relazione unitiva

Perché chi non ama il prossimo, non può avere esperienza di Dio?

L’uomo si riconosce solamente in una relazione. Nasce dalla relazione dei genitori. Nel ventre che lo conserva, è in stretta relazione con la madre. Nasce tra simili.

Si conserva uomo soltanto se sa porsi in relazione. Altrimenti entra in malattia psichica.

Chi odia si sottrae alla relazione, perciò si condanna alla solitudine. Quella solitudine che è suicidio psichico, quando non  giunge al suicidio anche fisico. Il suicida è un uomo slegato e solo. Come pure l’omicidio, sull’esempio di Caino, conduce a uccidere il prossimo, punto essenziale per la percezione di se stesso.

La natura umana, composta di maschio e di femmina, attrae verso la loro unione.

L’origine relazionale umana, ha una radice dinamica nel creatore dell’uomo.

Dio è Dio uno, perché è la perfetta unione dei tre. Senza interna e intima relazione Dio non esisterebbe.

Dio è Dio, perché è Trinità, relazione profonda, tanto energica da essere Unità.

Se l’uomo è destinato a conoscere e amare Dio, ad avere esperienza di Dio, non può non essere tendente all’unità, perché soltanto l’unità di due composta, immette nel vissuto umano, la capacità di accogliere Dio.

Il Verbo-carne, in missione per unire l’uomo al Padre, fu rifiutato dai suoi, che non volevano trovarsi in rapporto con lui.

Però a quanti si sono fidati di Gesù, Dio ha dato il “potere” di diventare figli di Dio, quindi attuare l’unione di relazione, e la relazione di unione, alla quale erano “naturalmente” destinati.

L’uomo è “capax Dei”, capace di accogliere Dio, proprio perché nel suo essere è necessario essere in relazione.

GCM 05.01.10, pubblicato 19.11.10