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Anziani e grazia

Non tutti gli anziani sono capaci di valorizzare la propria esperienza. Anche dopo dieci anni di “anzianità” non riescono a trarre profitto dalla propria esperienza più recente. Forse sono pronti a ricordare le loro esperienze da giovani o da adulti, ma sembrano incapaci di trarre entusiasmo e serenità dalle loro esperienze di anziani.

Non vedono la bellezza di ciò che passa sotto i loro occhi, e si fermano soltanto a guardare  orizzonti lontani diversamente e vagamente sfumati.

Eppure l’essere anziani è un dono, e non solo per la fortuna della longevità. Non tutti conoscono la grazia, che promana dall’essere limitati. Grazia che conduce alla virtù più difficile: l’umiltà. Una volta i maestri di spirito affermavano che l’umiltà è la base di ogni altra virtù. Credo che non sia proprio così per il cristiano, perché la base è Gesù e il suo amore.

Però anche un po’ di umiltà non guasta. E l’umiltà, l’accettazione dei limiti, è un’acquisizione connaturale, senza sforzo, in chi accoglie i propri limiti.

La preghiera dell’anziano è attraversata da molte distrazioni, perché l’attenzione è diventata ondivaga. Questo è un limite che, appena sperimentato, ci fa ricorrere alla benignità di Dio, per ricevere la sua dolce comprensione.

La mente si sgombra da tante tensioni a ricordare tutto, ed è più disposta alla contemplazione. Si placa spesso la tendenza a reagire violentemente, e allora la mitezza accompagna la vita. Gli acciacchi si fanno più frequenti e si partecipa alla Passione di Gesù.

Insomma la vita dell’anziano è piena di doni e di possibilità, e ci si accorge di essere la gloria di Dio, perché gloria di Dio è l’uomo vivente.

GCM 30.07.10, pubblicato 18.10.10