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Unione nella comunione

La Chiesa si attua nell’Eucarestia, ovunque l’Eucarestia si attui, anche in una cantina o in un lager. Non è il territorio geografico che costituisce la Chiesa, ma l’Eucarestia. Non sono le circoscrizioni delimitate (parrocchia e diocesi), ma la presenza di Gesù che attua e ravviva la Chiesa. Non è il conglomerare tutte le persone in un’unica cattedrale, ma l’espandersi della presenza di Gesù nel mondo, attraverso l’Eucarestia.

Forse non è solo priva di significato la rigidezza territoriale dei confini di una comunità credente, ma può giungere a essere contro il Vangelo il non lasciare che ogni cristiano scelga e costruisca la sua Eucarestia, che, comunque, è sempre Eucarestia universale.

Quando i credenti si ritrovano in una struttura definita dall’Eucarestia, godono del riconoscimento della loro fede, ed hanno il diritto all’Eucarestia e a un presidente dell’Eucarestia, anche scelto dal gruppo con la designazione e con la consacrazione necessaria. E’ più consono alle esigenze del gruppo credente godere della presenza coordinatrice di un membro del gruppo stesso, che non di una persona presa a prestito per il “rito” dell’Eucarestia. 

L’antico piovano (il destinato dall’autorità centrale a sorvegliare una plebs) è un’esigenza organizzativa e controllatrice, che ha anche funzioni liturgiche. Ma la comunità abbisogna principalmente di una sua vita, perciò di una sua Eucarestia, sempre in armonia con una ispezione (episcopato), che garantisca l’ortodossia e la comunione.

L’Eucarestia, che fonda la Chiesa, è una comunione. Ancor oggi, pura anemica di significato sentito, l’Eucarestia è sentita quale comunione, sebbene tale grande parola non produca sempre il suo effetto.

GCM 09.03.10, pubblicato 29.10.10