HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2010 > Il vizio della prudenza

Il vizio della prudenza

La prudenza è qualità esaltata da sempre.

Nel libro della Sapienza (un libro scritto qualche decennio prima della nascita di Gesù) si legge: “Pregai e mi fu donata la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza”.

Si sa bene che la prudenza indica la capacità di formarsi un giudizio sulle cause e sugli effetti di una azione o di uno stile nell’agire, la tattica nell’operare e la flessibilità nell’operare. Perciò la prudenza è una capacità di riflettere in vista dell’agire.

Il vizio, scambiato per prudenza, parte dal presupposto del pericolo, che l’agire fa sorgere in chi teme la novità dell’agire. Cioè: da molti è detta prudenza l’accampare tutte le scuse per non agire.

La scherzosa definizione della prudenza quale “paura in punta di piedi” è azzeccatissima.

Vivere con una persona, stimata prudente conduce alla paralisi. Se questa persona è preposta alla coordinazione di una comunità in attività, porta il gruppo alla morte operativa.

Lo slogan “se è intelligente e dotto, insegni; se è prudente, regga” è applicato all’interno degli istituti religiosi. Spesso però si eleggono i prudenti , che sono corredati di paura in punta di piedi.

Essi davanti a proposte (spesso intelligenti) ad agire, preferiscono la prudenza. Per non offendere le persone e le istituzioni, affermano. O per paura di affrontare con la dovuta flessibilità le nuove spinte operative?

Le indicazioni “prudenti” di queste persone cadono sotto l’indicazione di Gesù “per ogni comando contro l’agire, si renderà conto nel giorno del giudizio” (Mt 12,26).

Obbedire, o superare tali “parole prudenti”?

GCM 14.06.10, pubbl. 23.09.10