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Bagno di misericordia  

Gesù, nella sua bontà indicibile, viene incontro a me, perché lui è per i malati, non per i sani. Gesù ha fatto una scelta di campo chiara. Sta a me, con l’aiuto dello Spirito, riconoscermi malato da guarire, peccatore da essere perdonato. La mia parte è essere tra i peccatori, per trovarmi dalla parte di Gesù.

E allora forza a peccare di buon buzzo? Non occorre una scelta feroce per essere tra i peccatori. Mi basta esser dotato della mia debolezza. È sufficiente non passare il confine e trovarmi dalla parte del fariseo, che si vanta nella preghiera, e così è già invischiato nel peccato. Il peccato è sempre in agguato, perciò il mio buttarmi nelle braccia di Gesù è un “esercizio” quotidiano.
Tieni una mano sulla mia testa, altrimenti Pippo si fa saraceno: diceva un santo faceto, e molto serio nella sua facezia.

Il ricorso quotidiano alla misericordia di Dio non è un optional, invece è il mio respiro quotidiano per mantenere e alimentare il buon umore. Forse la dolcezza del peccatore, continuamente perdonato, non è molto sperimentata, perché spesso si crede di non aver bisogno di perdono, di sentirci al sicuro nel nostro perbenismo. I nostri panni sporchi ci stanno così aderenti, da darci l’impressione di non aver bisogno di lavarli: sono come pelle della nostra pelle.

Se, però, vogliamo gustare la dolcezza della misericordia di Dio, che perdona, è necessario essere sempre disponibili a gustare la dolcezza di perdonare. Abbiamo grande bisogno di provare la bellezza di saper perdonare, per abituarci alla dolcezza del perdono, frutto di misericordia, e quindi rendere nostra esperienza quotidiana esercitare le “opere di misericordia” per restare sempre tuffati nella soavità della misericordia, attiva e passiva.

16.01.16