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Condanna e giustizia


    In S. Paolo troviamo due termini, che solitamente noi usiamo come sinonimi, e che invece, nel testo paolino, sono contrapposti: condanna e giustizia.

La condanna è per chi si oppone a Dio. La giustizia di Dio permea colui che a Dio crede e che in Dio s'abbandona. La condanna è castigo, la giustizia è salvezza.

La condanna conferma nel peccato. La giustizia ci rende partecipi di Dio. Quindi la giustizia di Dio non è “contro” il peccatore, sebbene “per” il peccatore, se questo si riconosce necessitante la “grazia” di Dio. La giustizia è grazia, azione salvatrice di Dio.

S. Paolo ricorda che solo Dio giustifica, perché le nostre opere religiose sono insufficienti e antiproduttive, se pretendiamo la giustificazione “mediante l'osservanza della Legge”, ossia dei precetti di indole religiosa, prescindendo dalla fede in Gesù, unico salvatore, incaricato direttamente da Dio. Tanto direttamente che nell'incaricato si trova ad agire Dio stesso.

La giustizia, che Dio ci dona per amore, si gioca tutta sulla fede e sull'abbandono a Gesù e al suo amoroso operare. L'affetto a Gesù e il nostro concederci a lui, è necessario per offrirci alla “giustizia” di Dio.

Giustizia di Dio in noi, è semplicemente il nostro allinearsi in Dio, trovare la “giusta” posizione, che ci armonizza con Dio. Questa armonizzazione noi non si è in grado di realizzarla. Per essere giustificati a Dio, è ovvio l'essere posti sul piano di Dio. L'unico che ci “uguaglia” a Dio, non è il nostro orgoglio, quello che ha illuso Adamo (sarete come Dio, conoscendo il bene e il male), ma è la potenza commovente di Dio, posta al servizio del suo amore. Quella dolce potenza, che in noi è attuata dallo Spirito Santo.

22.07.15