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Oltre i confini  


     Ho udito questa frase rivolta da un ragazzo islamico a una suora, che lo aveva curato: “Sei tanto buona, peccato che tu sei destinata alla dannazione, perché non sei musulmana!”.

Ingenuità unita a indottrinamento. Non è la prima volta che questa mentalità si trova nella storia. Presso gli Ebrei, fondamentalmente monoteisti, c’era la stessa mentalità. Gli Ebrei erano eletti e salvi. I “gojim” erano destinati alla condanna, perché seguivano religioni false, politeistiche.

È tendenza dei monoteisti giudicare persi, e spesso da estinguere anche fisicamente gli altri.

Questa mentalità è penetrata perfino tra noi, cristiani cattolici, quando con sicurezza si proclamava: “Extra ecclesiam nulla salus”; non c’è salvezza fuori della chiesa, quando non addirittura fuori della chiesa cattolica.

Evidentemente ci siamo dimenticati di Gesù (e di S. Paolo), che rompe i confini del suo gruppo, per raggiungere gli “altri”. Quel Gesù, che inizialmente, era inviato alle “pecore perdute di Israele”, e che alla fine, soprattutto nella preghiera, e nel linguaggio parabolico, si allarga al mondo.

Che non stia proprio nel diverso modo di intendere Dio, la radice di questo assolutismo religioso? Un Dio, da una parte, chiuso nel suo essere, uno aritmeticamente, e dall’altra parte, dialogante a tre nella Trinità? Geloso di sé, oppure offerto dentro di sé alle altre persone, che dona alle creature la pluralità degli esseri, a iniziare dall’essere maschi e femmine?

Rigidezza dove si vede solo l’assolutezza, amabilità dove si gode la relazione.

10.09.16