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Si fece povero  


       La misericordia non è un operare facile per la creatura, mentre per Dio è la sua azione “naturale”. Perché non può diventare naturale anche per noi? Perché i figli non possono continuare in se stessi le qualità del loro Padre? Dove si inceppa la nostra capacità di vivere la misericordia? C’è un metodo per sturare il nostro ingorgo di egoismo?

Credo che sia opportuno distinguere la misericordia dalla degnazione. Sappiamo che la degnazione si attua su due piani. “Sì, poveraccio, io ti perdono!”. La degnazione pone in risalto il mio stato superiore di fronte a colui al quale mi immagino di dare misericordia: “Sì, poveretto, aiutiamolo!”.

La mia misericordia è sincera e viva, quando io mi trovo sul piano di colui al quale dono la mia comprensione. È risaputo che i poveri sono capaci di aiutarsi tra di loro. Si narra nella vita di Madre Teresa, che dopo aver dato un piccolo aiuto a una donna povera, questa ringraziò, perché quel poco che aveva ricevuto, lo poteva condividere con una compagna, altrettanto povera.

Forse la mia misericordia (a qualsiasi livello si possa esercitarla: fisico, psichico, intellettuale, materiale…) per essere veritiera, deve essere preceduta da un mio aver invocato misericordia per me.

Ma Dio, la misericordia impersonata, è capace di misericordia, o solamente di degnazione, lui essere infinito e perfettissimo? Può usarci misericordia, lui “che siede sui cherubini”?

Ma ecco Gesù, il Dio posto sul nostro piano, per mostrare la benevolenza autentica di Dio. Da ricco che era si fece povero, svestendosi della “forma di Dio” per essere uomo bisognoso, tra uomini bisognosi.

21.03.15