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Amore e gioia

Nel Vangelo di Giovanni seguiamo un procedere a catena.

L'esempio chiaro lo gustiamo là dove Gesù parla dell'amore.

Il Padre mi ama, io amo voi, voi seguite le mie esigenze (una delle quali è quella di amarci), l'amore si esprime nel condividere le stesse esigenze (non comandi, ma intime sollecitazioni), e il seguire le esigenze produce gioia. Dal Padre, quindi, alla gioia. La gioia vibra eternamente nella Trinità. La indichiamo come la beatitudine eterna di Dio, la sua vita beata. Alla beatitudine di Dio siamo chiamati: è quella che noi chiamiamo la felicità della vita eterna. La gioia nel tempo, voluta da Gesù, come risulta nella pagina che abbiamo rievocato, è l'anticipo, ancora incompleto, del nostro destino finale.

La condizione è l'amore di e a Gesù.

La condizione della gioia vera, quella che ci permea e ci fa cantare, è l'adesione a Gesù. Infatti la condizione dell'amore è quella di accettare la persona amata nella sua completezza: nelle qualità e nei limiti.

L'amore conclusivo a Dio, ci farà accettare tutto di lui: la sua infinitezza beata; e ci farà accettare tutto Gesù: quel Gesù che vuole che siamo sempre con lui, nel suo “sempre” eterno e nel suo sempre nel tempo. Accettare Gesù, non sfuggirlo. Infatti se non lo sfuggiamo, anche la sofferenza, per quanto lancinante, include sempre un settore di luce, in particolare quella luce che si chiama speranza.

Immersi sempre nell'amore del Padre, manifesto visibilmente in Gesù, e nell'amore di Gesù, manifesto in noi, sua chiesa.

07.05.15