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Gesù e il diverso 4

Al tempo di Gesù (solo allora?) gli Ebrei erano molto fieri della loro razza. Tutti gli altri popoli e le altre etnie, erano radunati sotto un unico denominatore: “goim”, ossia semplicemente “gente” non “popolo di Dio”.

La diversità etnica, per gli Ebrei, era marcatissima. Tanto marcata che, se un Ebreo entrava nell’abitazione di uno delle “genti”, ossia un “gentile”, perdeva la purezza legale e doveva purificarsi.

Anche Gesù era stato educato a questa separazione etnica, perché si sentiva incaricato soltanto a curare gli sbandati della sua razza: ossia le pecore sbandate di Israele, i figli del regno.

Questa convinzione Gesù la riteneva valida in linea di principio. Tuttavia, quando fu avvicinato da una donna di Siria di razza fenicia, capì che quella “diversa” da Israele, era un persona, anzi una persona capace di aver fede, intrecciò con essa una relazione, di vicinanza, di stima, di aiuto.

Di etnia diversa da quella di Gesù, erano i Samaritani, i Romani, gli abitanti della Dacapoli, abitanti che Gesù ebbe l’opportunità di incontrare.

L’opposizione tra i Samaritani e Gesù, era stata ben notata dalla donna di Samria, che incontrò Gesù presso il pozzo vicino a Sicar: “Noi adoriamo sul Garizzim, non a Gerusalemme” ella disse. Anche allora, come oggi, l’opposizione di razza (arabi), si unisce a quella religiosa (musulmani).

L’opposizione dei Romani è indicata dal centurione: “Non puoi entrare a casa mia”. Quella dei dacapolitani: “Ti preghiamo, esci dalla nostra terra”.

Gesù avvicina i “gentili” e getta un ponte robusto tra sé e loro: “La tua fede ti ha salvata – Non ho trovato una fede così forte neppure tra gli Ebrei”. Il ponte tra le etnie è Gesù e la fede in lui.

GCM 19.03.11