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Derisione

Gesù doveva apparire come un tipo strano.

Quando giunge alla casa di Giairo, dove giaceva morta la figlia, tacita le prefiche, dicendo: “Non fate strepito, la fanciulla non è morta, ma dorme!”.

La reazione: lo derisero. Proprio come avviene con una persona, alla quale manca qualche rotella, e pronuncia frasi sconclusionate, fuori della realtà tangibile.

Gesù è stato deriso in molte maniere. Lo trattarono da indemoniato, da villanzone di Nazareth, da nulla di buono, da amicone dei pubblicani, che si ingozza e si ubriaca.E si giunge alle estreme derisioni. Durante il periodo dei giudizi, lo vestono da pazzo e da re. Sulla croce la derisione: “Ha fatto miracoli ad altri: perché non ce la fa a schiodarsi e a scendere dalla croce?”

I facili risolini su di lui, le mene degli scribi nel proporgli quesiti, per loro difficili, trattandolo da sprovveduto.

Gesù deriso.

Paolo sembra rincarare dose e motivi di derisione.

“Io predico Cristo, e questi crocefisso!”.

E la Lettera agli Ebrei richiama potentemente l’umiliazione di Gesù.

Ce n’è abbastanza per abbandonare un soggetto simile, per salvaguardare la nostra onorabilità. Frequentare un pazzo non si addice a persone per bene, come siamo noi.

Eppure fin dai primi tempi della Chiesa, ci furono altri pazzi, che si vantavano di assumere la stessa croce di Cristo, reputata stoltezza dai raffinati greci, e stimata debolezza dai sicuri Ebrei, orgogliosi della loro legge.

Qualcuno, come Paolo, si vantava di essere umiliato... ma come Cristo.

GCM 01.02.11, Pubblicato 02.05.11