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Gesù commosso

Gesù ha vissuto il dramma del profugato almeno due volte: da bambino profugo in Egitto, da adulto rifugiato in Galilea, dopo l’assassinio del suo maestro, Giovanni Battista.

Gesù scappa per salvarsi: non era giunta ancora la sua ora.

Erode trama contro Gesù. E là, dove Gesù si rifugia, la gente lo accoglie e lui si commuove. La gente adusa alla sofferenza, sa accogliere chi soffre.

I miei genitori sono stati profughi due volte, durante le due guerre mondiali del secolo scorso. Durante il viaggio di partenza dall’Istria, in nave, mio padre stava sgusciando una delle due noci, che aveva con sé. Mentre sgusciava, s’accorse che accanto a lui, una persona non aveva proprio niente. Le offrì l’altra noce. La povera gente si manifesta generosa sempre, soprattutto se condivide con altri la stessa disgrazia.

Gesù si commuove e condivide con la povera gente quello che ha: guarisce, istruisce (come nota il Vangelo di Luca) e condivide, misteriosamente e realmente, il cibo. Lui profugo, senza appoggio che non sia il Padre, fa saziare, con abbondanza, 15.000 persone.

La sua commozione produce il prodigio.

La gente, che gli sta accanto e lo accoglie, è sfamata. La resa, con Gesù, è sempre abbondante.

Forse noi non ci ricordiamo dell’enorme sensibilità di Gesù, che sa perfino commuoversi per noi, anche quando commetiamo l’enorme sciocchezza del peccato. Per il  nostro peccato, egli si commuove come una madre per la malattia di un figlio.

E’ commosso anche per la nostra società, peccatrice di allontanamento da Dio. “Gerusalemme, volevo radunare i tuoi figli, come una chioccia raduna i pulcini!”

GCM 31.07.11, pubblicato 31.10.11