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21 O Astro che sorgi

Come ci avviciniamo al Natale, le invocazioni si fanno più intense e più struggenti. Oggi l’antifona recita così:

“O astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina che giace nelle tenebre e nell’ombra della morte”.

Come ieri, il richiamo delle tenebre è chiaro, quasi cogente. Ieri si chiedeva liberazione dalla tetraggine della prigione, oggi la luce si chiede per chi può vedere l’astro che sorge, per chi è libero, ma, come dice Giovanni,, preferisce le tenebre alla luce. Le tenebre della dissolutezza notturna, dell’ingolfamento nella melma dei nostri desideri e delle nostre pulsioni non bene dirette.

Ciò che si staglia nell’antifona è il sorgere del sole. Un sole che emana luce eterna e che è intriso di divinità (giustizia, secondo la Bibbia). Verso Gesù è indirizzato il variegato culto del sole, esercitato presso tutte le culture antiche.

Il sole nascente, mai sconfitto anche quando si nasconde. Il sole adorato nell’Egitto, come figura e sostanza del faraone.

Il sole che nasce, intriso di vita eterna, è quel Bambino, figlio di una ragazza madre ... stranamente madre ... divinamente madre da Spirito Santo. Spirito creatore, non procreatore. Ciò che nasce dallo Spirito è Spirito, affermerà più tardi quel Bambino, che sperimenterà in sé e nelle sue opere, la stessa forza di quello Spirito, che lo fece nascere.

Sole di giustizia, non perché fa giustizia, ma perché è giustizia, l’unico integralmente giusto.

Se ci concediamo a lui, il sole ci penetra e sviluppa in noi la sua giustizia, il suo essere giusto in Dio e per noi, uomini e donne.

Poiché quel sole ci penetra, anche noi diventiamo luce nel Signore.

GCM 06.12.11, pubblicato 21.12.11