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Rabbia e speranza

Possono accordarsi questi due sentimenti? Non è più coerente, come fa il salmo, pianto e speranza? Può armonizzarsi con il Padre l’unione tra rabbia e speranza?

Quando Gesù si adirava contro i farisei (razza di vipere), sperava anche per loro? Se troviamo questa unione in Gesù, allora ci armonizziamo con i nostri sentimenti.

Nel quattro Vangeli si ricorda un episodio di collera, così prorompente che diventa distruzione: saltano all’aria banchi di commercianti, si cacciano animali, Gesù inveisce. È solo collera e basta? Perché subito dopo parla della propria risurrezione e anticipa: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera” (Mt 21, 13). Notiamo che il greco è espresso con un futuro. La collera si unisce alla profezia ottimista.

Se con lui, perché non con noi?

Collera perfino contro i nostri errori, eppure da congiungersi con la speranza, che si fa preghiera: non ci indurre nella tentazione.
Collera contro chi ci fa soffrire, colleghi o superiori, laici e religiosi. Collera libera di esprimersi in mille modi, ma mai staccarla dalla speranza. Soprattutto che il Padre sa trovare le risorse per intervenire a sanare le situazioni perfino con la Risurrezione. Speranza che si unisce alla preghiera.

È necessario trasformare gli errori degli altri, che procurano dolore, non solo nel pianto, ma anche in quella rabbia, che muove all’azione riparatrice, e così evita la “distruzione del persecutore”. Il subentrare della speranza, fatta preghiera, rasserena e guida sensatamente l’azione.

22.04.17